Smettere di fumare: perché, come e cosa funziona davvero | Altroconsumo

2022-07-02 03:16:39 By : Ms. kelly Deng

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Non è mai troppo tardi per dire addio alle sigarette. I primi benefici si apprezzano immediatamente e quelli a lungo termine diventano cruciali per la salute e per l’aspettativa di vita. Come per ogni forma di dipendenza, però, anche in questo caso il motto “smetto quando voglio” si rivela spesso una pia illusione. Cosa aiuta a smettere? Come fare? sono utili le sigarette elettroniche? Rispondiamo a queste e altre domande all’interno di questo dossier.

Sono 12,4 milioni i fumatori in Italia, il 30.2% degli uomini e il 18.5% delle donne, e rappresentano il 24,2% della popolazione: quasi un italiano su 4 fuma.  Una percentuale che non era stata mai più registrata dal 2006. Dopo un lungo periodo di stagnazione si assiste quest’anno a un incremento di 2 punti percentuali: i fumatori infatti erano il 22% nel 2019.

Tra coloro che fumano, poco più di un terzo ha provato a smettere, almeno un solo giorno, nel corso dell’ultimo anno, ma solo il 10% di ci è riuscito per più di sei mesi. E come ci sono riusciti? 80 fumatori su 100 dicono di esserci riusciti solo con la volontà, senza nessun aiuto. il 15% invece dichiara di aver smesso con l’uso di una sigaretta elettronica. Pochi invece hanno ricorso a terapie farmacologiche, come la nicotina in cerotti o gomme, o ricorso ai centri antifumo delle aziende sanitarie. 

Ma se è vero che il presupposto fondamentale per lasciarsi alle spalle il fumo è la forza di volontà, nella stragrande maggioranza dei casi questa (da sola) non basta a mollare la sigaretta per sempre: senza alcuna forma di assistenza va a buon fine solo il 4% dei tentativi. Vediamo cosa può aumentare le chance di abbandonare la sigaretta per sempre.

Tutti sanno che smettere di fumare è un investimento sulla propria salute. Ma cosa succede al nostro corpo dopo aver buttato via l’ultimo pacchetto? Gli studi lo hanno ricostruito passo dopo passo, dai primi 20 minuti ai successivi 15 anni.

Ricorda anche che smettere non fa bene solo a chi fuma, ma anche a chi gli sta attorno. Il fumo passivo è causa di malattie cardiovascolari e tumorali nelle persone esposte. Il rischio non è paragonabile a quello di chi fuma, ma è significativo, tanto che l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro ha incluso da tempo il fumo passivo tra le sostanze cancerogene per l’uomo.

Smettere di fumare da soli è possibile, quando si ha una forte volontà. Stando all’ultima indagine condotta in Italia, circa il 10% dei fumatori che volevano smettere dichiara di essere riuscito ad astenersi per almeno sei mesi e la grande maggioranza delle persone (8 su 10) dichiara di esserci riuscita solo grazie alla volontà. Un dato sorprendente, decisamente più alto di quanto ci mostrano le statistiche internazionali, ben più pessimistiche: secondo gli studi solo circa il 3% di chi prova riesce ad astenersi davvero per almeno sei mesi. Nulla invece sappiamo di quanti riescono a smettere per sempre.

La forza di volontà rimane quindi la prima risorsa per dire addio alla sigaretta. Tuttavia se non si riesce a smettere da soli, il primo passo è chiedere l’aiuto di specialisti.  L’Istituto superiore di sanità da oltre vent’anni ha attivo il numero verde contro il fumo 800 554 088 al quale ci si può rivolgere per chiedere informazioni e per farsi indicare il centro antifumo più vicino (lo si trova anche scritto sui pacchetti di sigarette). Ci sono centinaia di centri antifumo in seno al servizio sanitario.

Sul sito dell’ISS dedicato alle dipendenze  c’è l’elenco delle strutture sanitarie che si occupano delle problematiche legate al fumo di tabacco presenti sul territorio nazionale.

Dopo avere verificato il livello di dipendenza dalla nicotina (con il test di Fagërstrom)  e il grado di motivazione nel volersi liberare delle sigarette, e dopo una serie di esami ambulatoriali, gli specialisti dei centri antifumo individuano il percorso più appropriato. 

L’approccio che si è dimostrato più efficace prevede l’integrazione degli interventi psicologici (colloqui motivazionali, di sostegno, counselling o psicoterapia, individuali o di gruppo) con l’assunzione di farmaci che permettono di controllare i sintomi della dipendenza fisica da nicotina e la voglia di fumare, come i prodotti che rilasciano nicotina (cerotti, caramelle, compresse e spray), il buproprione e la vareniclina (secondo gli studi, il farmaco più efficace). 

Questa strategia integrata permette di accrescere le chance di abbandonare la sigaretta. A confronto con chi non vi ricorre, chi riceve sostegno psico-comportamentale e un trattamento farmacologico può raddoppiare le proprie probabilità di smettere nei seguenti 6-12 mesi. Per quanto riguarda il lungo termine, purtroppo non c’è certezza. Gli scarsi dati presenti in letteratura ci dicono che anche tra coloro che completano uno di questi programmi e che riescono a smettere per alcuni mesi o un anno, molti ricadono nel vizio. 

Ecco alcuni consigli per aumentare le chance di successo (soprattutto se si vuole smettere da soli, senza aiuto):

Per aiutarti ad incominciare il percorso verso l’astinenza puoi leggere questa breve guida dell’Istituto superiore di sanità che ti aiuterà a prendere maggiore coscienza dei benefici dello smettere di fumare e di valutare il tuo grado di dipendenza e motivazione ad abbandonare la sigaretta.

L’approccio che si è dimostrato più efficace prevede l’integrazione degli interventi psicologici — colloqui di sostegno, individuali o di gruppo — con l’assunzione di farmaci che permettono di controllare i sintomi della dell’astinenza da nicotina, fisica e psicologica. Questi sono i farmaci principalmente impiegati:

In un ampio studio di confronto, la vareniclina ha dimostrato un’efficacia maggiore rispetto al bupropione o al trattamento con cerotti a base di nicotina: se con il trattamento placebo è riuscito a smettere – per sei mesi – circa il 9,5%, grazie ai cerotti o al bupropione ci è riuscito circa il 16% di chi li ha assunti, mentre con la vareniclina ci è riuscito circa il 22%. Da altri studi emerge però che una terapia a base di nicotina che combina due farmaci (uno a rilascio più lento, come il cerotto, e uno a rilascio più rapido) ha un’efficacia equivalente a quella della vareniclina, tanto che questi due trattamenti sono entrambi considerati trattamenti di prima linea. Al contrario, non sembrano esserci chiari vantaggi dall’associazione delle due terapie, in quanto gli studi danno risultati contrastanti. Rimane comunque opzione possibile (e bel tollerata da un punto di vista di sicurezza) per i pazienti che non riescono a smettere con un solo trattamento farmacologico.

Poiché ritenute parimenti efficaci, la preferenza del paziente può determinare la scelta del trattamento. Va però tenuto conto di alcune controindicazioni di vareniclina e bupropione, non adatti ad esempio per persone con problemi di epilessia (a questo scopo, meglio consultare le controindicazioni presenti sul foglietto illustrativo). 

La terapia con i farmaci cosiddetti “sostitutivi della nicotina” è ritenuta più efficace di un trattamento placebo, in quanto aumenta la probabilità di smettere nei seguenti 6-12 mesi di almeno il 50%, anche senza intervento psicologico. Non c’è una significativa differenza di efficacia tra le diverse forma farmaceutiche disponibili (cerotti, gomme, pastiglie, spray e inalatori) ma un trattamento che associa un farmaco a base di nicotina a rilascio lento (come il cerotto a base di nicotina) con un altro a rilascio più rapido (come gomme, pastiglie, inalatori o spray) è considerato più efficace del trattamento con un farmaco singolo. L’associazione tra sostegno psico-comportamentale e trattamento farmacologico a base di nicotina può incrementare ulteriormente le chance.

La terapia espone a effetti indesiderati anche fastidiosi, come nausea, vomito, dolore addominale e diarrea, oltre che a mal di testa e irritazione nel punto di somministrazione. L’uso è ritenuto sicuro anche nei pazienti affetti da patologie cardiovascolari, che sono assolutamente invitati a smettere di fumare. La terapia potrebbe causare tachicardia e aritmia, ma nessun rischio aggiuntivo di problemi cardiovascolari, come infarti o ictus. I rischi corsi continuando a fumare sono quelli che devono preoccupare, prima di tutto.

Sull’efficacia di ciascuno di questi approcci i dati scientifici non sono sufficienti e, quando presenti, non sono confortanti. Il problema è che smettere di fumare significa fare i conti con i sintomi dell’astinenza da nicotina, una sostanza psicoattiva che provoca forte assuefazione. Si è colti da ansia, irritabilità, difficoltà di concentrazione, affaticamento, insonnia, aumento dell’appetito. Tutto questo può essere fonte di profondo stress, che predispone a ricadute nella dipendenza. Non sono quindi metodi sconsigliabili, ma in assenza di prove chiare non possono essere raccomandati.

Ad oggi non ci sono dati sufficienti che permettano di dire se queste app sono efficaci nel breve e nel lungo periodo. Il potenziale c’è, ma gli studi a disposizione - che non contemplano affatto tutte le app esistenti, men che meno le più recenti, questo va detto - dicono che spesso le app non applicano le migliori tecniche psico-comportamentali, concentrandosi troppo su alcuni aspetti, ad esempio le terapie farmacologiche. Nuove applicazioni basate su interventi psico-comportamentali (quelli considerati più efficaci sulla base della letteratura scientifica) sono allo studio, a testimonianza delle potenzialità del mezzo.

Un possibile aiuto, di cui recentemente si è fatto un gran parlare, arriverebbe dalla sigaretta elettronica (e-cig). Tant’è che in alcuni Paesi, tra cui la Gran Bretagna, il passaggio allo svapo viene sostenuto dalle istituzioni sanitarie pubbliche come metodo per liberarsi del fumo. 

Un metodo efficace e sicuro? Non è semplice affermalo, per vari motivi. Il primo è che i dati forniti dagli studi sperimentali a volte si discostano dai dati che provengono dal mondo reale, per cui gli ottimi risultati riscontrati negli studi non si osservano poi sul campo. Il secondo motivo è dovuto al fatto che la sigaretta elettronica non è un prodotto standardizzato e le differenze tra varietà di sigarette elettroniche, dei liquidi (con o senza aromi) e le diverse abitudini di chi svapa possono tradursi in differenze non solo in termini di efficacia, ma anche di sicurezza. Il vapore inalato può contenere quantità molto variabili di nicotina e di sostanze più o meno dannose, note e non ancora note. Inoltre, diverse e-cig con lo stesso liquido possono produrre sostanze differenti a seconda della potenza della batteria e della capacità di scaldare il liquido stesso. Si comprende bene dunque come tutte queste variabili - legate al numero e alle caratteristiche delle diverse sostanze e al tipo di dispositivo usato – rendano impossibile qualsiasi generalizzazione dei risultati di singoli studi.

Il più ampio studio sull’uso dell’e-cig per smettere di fumare, condotto nel Regno Unito su un campione di circa 900 fumatori, mostra che a parità di supporto psicologico, i soggetti che hanno usato sigarette elettroniche avevano una probabilità significativamente maggiore di astenersi dal fumo per un anno (18%) rispetto a quelli che hanno assunto farmaci sostitutivi della nicotina (10%). Sulla base di questi dati è quindi ragionevole ipotizzare che le sigarette elettroniche, inserite in un percorso di disassuefazione, possano davvero aiutare chi vuole smettere. Tuttavia, un dato preoccupante emerge dallo studio: l’80% di coloro che hanno smesso di fumare usando le sigarette elettroniche, al termine dello studio le usava ancora. Al contrario, solo il 9% di coloro che hanno smesso di fumare usando farmaci sostitutivi della nicotina li stava ancora usando nel periodo di astinenza. Questo suggerisce che l’uso dell’e-cig possa aiutare a smettere con le sigarette, ma induca a mantenere la dipendenza dalla nicotina e dalla gestualità del fumo.

L’e-cig, infatti, consente di non privarsi di punto in bianco della gestualità legata al fumo, componente fondamentale della dipendenza da sigaretta (che è psicologica, oltre che fisica). Anche se permette di scalare gradualmente la quantità di nicotina, usando liquidi o cartucce che ne contengono sempre meno, fino a quelle che ne sono totalmente prive, non è noto quanto questo succeda nella realtà. Diverse ricerche mostrano invece come il passaggio alla sigaretta elettronica spesso non sia una condizione transitoria, dalla quale ci si affranca in tempi brevi, ma diventi una nuova abitudine. 

E non è chiaro se aiuta ad abbandonare completamente la sigaretta. In diversi casi infatti lo svapo non si sostituisce, ma si aggiunge al fumo, creando consumatori duali che fumano le sigarette tradizionali e contemporaneamente l’e-cig, con rischi aggiuntivi ignoti per salute. Secondo il rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità in occasione della Giornata mondiale senza tabacco, in Italia l’81,9% di chi usa la sigaretta elettronica è un fumatore, dunque un consumatore duale che fuma le sigarette tradizionali e contemporaneamente l’e-cig.

In sostanza, non ci si libera del gesto, né dalla dipendenza dalla nicotina, semplicemente si muta la forma tramite cui la nicotina viene assunta, non più per combustione di tabacco (sigarette tradizionali), bensì per vaporizzazione di liquidi che la contengono (e-cig). E forse non ci si libera neanche dal fumo.

È vero che così si evita l’inalazione di catrame e di altre sostanze tossiche contenuti nel fumo da sigaretta, ma è altrettanto vero che l’aerosol delle e-cig non è semplice vapore acqueo. Contiene, oltre alla nicotina, diverse sostanze nocive, come metalli pesanti e aldeidi. Alle quali vanno aggiunti gli aromi, la cui innocuità è certa se vengono assunti attraverso i cibi, ma non altrettanto se vengono inalati. Se da una parte ci sono ricerche che indicano che nel breve termine il passaggio dalla sigaretta all’e-cig è associato a un miglioramento della funzionalità polmonare e alla riduzione della pressione sanguigna, e che pertanto ci fanno pensare che svapare possa essere meno pericoloso di fumare, dall’altra sappiamo che i veri benefici si ottengono solo con il completo abbandono della sigaretta. Infatti, sono ancora ignoti gli effetti sulla salute dell’uso prolungato delle sigarette elettroniche, specialmente dopo che si è smesso di fumare.

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